Disturbi alimentari

Disturbo da alimentazione incontrollata e obesità

La più recente edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, il DSM-5 (American Psychiatric Association, 2013), ha riconosciuto il Disturbo da Alimentazione Incontrollata come disturbo alimentare a sé stante, inaugurando così la possibilità di concepire dei trattamenti multidisciplinari che si prendano carico della persona in tutti i suoi aspetti: nutrizionali, organici e psicologici.

Il Disturbo da Alimentazione Incontrollata

(DAI), anche noto come Binge Eating Disorder secondo la dicitura inglese (BED), si caratterizza per la presenza di ricorrenti episodi di abbuffata (episodi di discontrollo alimentare) senza l’adozione regolare di inappropriati metodi di compenso. Questi episodi sono contraddistinti dall’assunzione di grandi quantità di cibo in un lasso di tempo ridotto, accompagnata dalla sensazione soggettiva di perdita di controllo (impossibilità di scegliere cosa mangiare e quando smettere). Frequentemente, al comportamento dell’abbuffata si accompagna un sentimento soggettivo di disagio, caratterizzato da vissuti depressivi quali colpa, vergogna e disgusto per se stessi.

Alla persistenza nel tempo di episodi di discontrollo spesso conseguono significativi aumenti ponderali, creando un legame specifico tra DAI e la più diffusa condizione organica dell’obesità.

La World Health Organization (WHO) definisce l’obesita come patologia cronica, multifattoriale, caratterizzata da un’eccesso ponderale (indice di massa corporea pari o superiore a 30 kg/m2) dovuto alla presenza di un’eccessiva quantità di grasso corporeo, tale da compromettere lo stato di salute dell’individuo.

L’obesità, pertanto, può o meno associarsi ad alimentazione incontrollata, permettendo così di distinguere tra obesità-BED e obesità-non BED. Oggi, è acceso il dibattito interno alla comunità scientifica

Trattamento multidisciplinare integrato

Le persone affette Disturbo da Alimentazione Incontrollata (DAI) e obesità non sempre trovano programmi terapeutici e luoghi di cura appropriati. Interventi parziali o inadeguati rischiano di esporre la persona a ripetute esperienze di fallimento terapeutico e vissuti di scarsa motivazione al cambiamento, contribuendo così alla cronicizzazione di tali patologie.

Negli ultimi anni lo sforzo clinico di offrire percorsi di cura efficaci ha condotto all’elaborazione di un modello di intervento multidisciplinare, multiprofessionale e integrato, capace di garantire una presa in carico altamente strutturata e inclusiva dei diversi aspetti, organici, psicologici e socio-relazionali, che caratterizzano queste patologie.

Il trattamento multidisciplinare integrato, pertanto, prevede la collaborazione sistematica di figure professionali diverse (medici, dietisti, nutrizionisti, psichiatri, psicologi, educatori, infermieri e fisioterapisti) che compongono una équipe multiprofessionale, impegnata in uno sforzo continuo di comune integrazione tra  professionalità e tecniche di intervento differenti che privilegino, a seconda delle fasi della malattia e senza mai escludersi a vicenda, ora il versante somatico ora quello psichico.